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24/04/2017   
LE PRINCIPALI ATTIVITA'
LE PRINCIPALI ATTIVITÀ La Società dei Buontemponi persegue il fine della solidarietà civile attraverso la pratica della beneficenza rivolta, in particolare, a sostegno di iniziative in campo sociale, culturale, dell'assistenza e socio-sanitaria. Per il raggiungimento di questi obiettivi la Società organizza diverse iniziative culturali, ricreative e del tempo libero atte a garantire valide esperienze di aggregazione e del tempo libero a favore dei propri Soci. Le forme di aggregazione vengono raggiunte, principalmente, attraverso l’organizzazione di viaggi, soggiorni, visite guidate per far conoscere e valorizzare luoghi, monumenti e soggetti vari di alto contenuti e riferimenti artistici. La convivialità è un altro degli aspetti caratterizzanti della vita associativa dei Buontemponi. Ma anche questi incontri, oltre ad rappresentare momenti di socializzazione, sono occasione di partecipazione attiva dei Soci che testimoniano con proprie generose liberalità il senso stesso dello stare insieme in una Associazione. Un Sodalizio che ha fatto della beneficenza l’essenza stessa del suo essere e che hanno portato i Buontemponi ad ottenere tutta una serie di meriti e di riconoscimenti nel mondo del sociale tra cui: l’Ambrogino d’oro, l’inserimento nel Registro delle Associazioni riconosciute e, la collocazione dell’indimenticabile Presidente Amato Santi nel Famedio del Cimitero Monumentale di cui quest’anno si è celebrato il decimo anno della scomparsa. Il Presidente Massimo Santi (figlio dell’indimenticato Pres. Amato) e il Consiglio Direttivo, nel solco della migliore tradizione della Società, hanno proseguito a dare continuità ad una beneficenza senza clamori facendo prevalere la discrezione ed iniziative filantropiche senza tralasciare di introdurre significative innovazioni in linea con i tempi. Così si sono ridotte le donazioni “a pioggia” privilegiando piuttosto donazioni più mirate e di maggiore consistenza economica finalizzate a dare soluzione concreta ad effettive situazioni di emergenza e di assoluta necessità. In tale direzione a trarre maggiore beneficio sono stati gli ambiti dei minori e, soprattutto, degli anziani. La raccolta dei fondi, dunque, si è tradotta nel sostegno a situazioni di bisogno e di particolare debolezza e in molti casi orientate a politiche di inclusione e di cittadinanza attiva. Ma la Società si propone anche il benessere dei propri soci nel solco indicato dalla legislazione in materia di associazionismo. Negli ultimi anni il ricambio degli iscritti è stato alquanto faticoso facendo crescere così l’età media della compagine. Tuttavia, nel biennio 2015/2016 vi è stato un rilancio delle iscrizioni grazie al ‘passa parola’ di alcuni soci attivi che hanno favorito l’ingresso di nuovi Soci. Nel contempo, nel corso delle varie iniziative conviviali, si è cercato di generare le condizioni più favorevoli per declinare cultura e divertimento, solidarietà e impegno, appartenenza e relazione con gli “altri”. Nel contempo, mediante il coinvolgimento diretto, i membri saranno sollecitati a vivere l’ambiente associativo con una partecipazione attiva e a sentirlo come un “contesto amico” dove ritrovare momenti di benessere e libertà. Una modalità per far sì che chi nell’Associazione non è più giovane riscopra una nuova curiosità creativa e riveda il concetto di anzianità in termini di maggior ottimismo e positività. L’Associazione –che quest’anno celebra il 119° anniversario della sua costituzione– si è molto più aperta verso la società attenta ai vari cambiamenti intervenuti: nel segno dei tempi sono state inserite molte semplificazioni nell’accesso alle iscrizioni con aperture verso i giovani con pagamento di quote agevolate, con l’immissione di numerosi simpatizzanti e con la nomina di alcuni soci onorari che hanno dato lustro a Milano in diversi campi della cultura, dell’arte e del sociale. A rimpinguare le file del Sodalizio si sono registrate diverse adesioni delle moglie dei Soci che quasi sempre seguono i consorti nelle iniziative comunitarie. Da notare l’apertura verso altre realtà associative con le quale condividere realizzare iniziative congiunte e scambi di esperienze. La filosofia che s’intende portare avanti è rivolta far sì che la riduzione del tempo destinato all’attività lavorativa di molti Soci venga capovolta a vantaggio di un uso piacevole e adeguato del cosiddetto “tempo libero” grazie anche ad alcune conquiste scientifiche e tecnologiche. Assieme alle finalità di beneficenza e filantropia il programma dei Buontemponi punta sulla centralità della persona e dei propri Soci nell’età post-lavorativa per mantenerla attiva ed operosa, per trovare nuovi incentivi e ruoli, appagando in tal modo il proprio desiderio di vita ed utilizzando sempre strategie inedite nell'adattamento ai repentini mutamenti sociali ed esistenziali della nostra epoca. Non mancano occasioni in cui vengono coinvolti alcuni personaggi legati o provenienti al mondo dello spettacolo, dell’arte, soggetti che, comunque, fanno riferimento o si richiamano alla migliore tradizione culturale e del costume lombardo e meneghino, così come accade nel caso di organizzazione di concerti e del bel canto o di partecipazione a rappresentazioni teatrali.
     
05/03/2017   
i primi 100 Anni
I “ BUONTEMPONI “ MILANO 1898- 1998 I Primi 100 anni di solidarietà ambrosiana Società nata nel 1898 con quatro Amici in un’osteria di Milano che dopo aver offerto un piatto Caldo ad alcuni barboni affamati , a tutti e quattro venne l’idea di fondare un’associazione per Fare beneficenza, dovevano trovare il nome giusto…e dopo brevi discussioni , davanti a un piatto Fumante di “busecca” uscì il nome di “ Buontemponi”. Così incominciò la vita dei “Buontemponi” Quando potevano si aiutavano a vicenda. Insomma , era un gruppo di amici che organizzava mangiate e gite fuori porta , ma anche pesche di beneficenza il cui ricavato veniva dato ai poveri. Non avevano una sede fissa, ma si riunivano nelle locande. Avevano due sole regole: darsi al buon tempo insieme e con il ricavato fare beneficenza. Allora come oggi , nella Società dei Buontemponi era assolutamente proibito darsi arie: non erano ammessi musoni, snob e piantagrane e per evitare di finire nei litigi – era vietato parlare di ….politica…. attualissimo. Vi riporto una frase detta da un presidente Onorario che ora purtroppo non è più fra di noi, ma che Ci accompagna sempre: “ Anche se la nostra data di nascita è il 1898, il nostro spirito rimane giovanissimo, perché chi sente dentro di sé lo stimolo perenne ad offrirsi per il prossimo non può invecchiare. Vogliamoci Bene! Il presidente Santi Amato.” Io che scrivo, sono entrata da pochi anni in questa Associazione, ma il voler bene alle persone e Poter fare qualcosa per chi ha più bisogno di noi , mi fa sentire contenta. Inoltre le persone che ho conosciuto sono eccezionali, portano allegria e amicizia ogni volta che Ci si incontra. Insieme hanno fatto tantissime cose in tutti questi anni , e hanno avuto diversi riconoscimenti come: Ambrogini D’oro Benedizione del Cardinal Martini in Duomo Auguri Personali dal Sindaco Di Milano Gabriele Alberini Inno dei Buontemponi con parole e musica di Giovanni D’Anzi. Ma non finisce qui.
     
24/03/2015   
Città di Gorgonzola 14 marzo 2015
Città di Gorgonzola 14 marzo, 2015 Scende il niente tra le rive della Martesana, è un po’ triste vedere il secco del letto di questo piccolo naviglio privo del liquido più prezioso del mondo, quel l’acqua, elemento vitale che scivola lenta verso il mare, portando con sé il suono della vita della piccola Gorgonzola. Oggi però non trascinerà le vibrazioni della voce del nostro amico Bruno, le sue parole rimarranno impigliate nella nostra sola memoria o disperse nel vento. Bruno lo incontriamo in un bar di piazza Europa e par essere stato da sempre nostro amico, ha la carica del ragazzino e sicuramente quella del condottiero, poco dopo eccoci dietro di Lui verso la corte dei Chiosi. Quando entriamo nella corte, notiamo quella costruzione di mattoni grezzi, caratterizzati da quattro archi a sesto acuto. al piano terra, tema ripreso nelle finestre al primo piano; è il resto del convento delle Umiliate sgretolato dal tempo e dall’incuria dell’uomo. La corte è una desolazione mitigata dalla storia dell’esistenza e della vita di Gorgonzola, avamposto romano insediatosi nel trecento avanti Cristo in questo territorio, il quale doveva avere una grande funzione strategica per Roma, se l’aveva fatta presidiare dai suoi legionari. La desolazione che ci lascia perplessi la colma Bruno con un po’ di storia. La Corte nasce nel XIII secolo con l’insediamento delle Umiliate, esse iniziarono la produzione dei filati, lino e lana, tramandati sino al 1800 con la fiera di sant’Erasmo, in seguito, gli abitanti della corte si occuparono dei bachi da seta, la testimonianza è data dalla presenza di piante di gelso, avanti negli anni, qui Bruno si sofferma sui ricordi della sua giovinezza, ci ricorda l’odore sgradevole dei bachi, un notevole contrasto con la ricchezza della seta, e ci accenna degli sgularatt , una colonia di piccoli pipistrelli, animaletti brutti a vedersi ma una meraviglia di tecnica moderna, infatti, i signori della notte riescono a muoversi ad alta velocità nel buio per mezzo dell’ecolocalizzazione che si basa sull’emissione di ultrasuoni. Pare che questi topini alati, in grandi aree urbane, riescano a consumare sino a 14 tonnellate d’insetti, una grande difesa contro le zanzare. Seguiamo Bruno, in fila indiana, e ci fermiamo davanti ad una chiesetta, la cui porticina, si apre al lato di una semplice fontana che presidia il piazzale antistante. E’ la chiesa più antica del paese, forse, apparteneva al convento degli Umiliati, e come per il convento anch’essa ha subito l’usura del tempo, tanto da essere stata restaurata totalmente. A ricordo dei secoli passati rimane solo uno sbiadito quadro su cui si può leggere “ S.Jacob” protettore dell’ordine claustrale dei Serviti. Dopo il restauro, la chiesetta mostra una via crucis lignea di pregevole fattura, un altare seicentesco marmoreo presidiato ai lati da due statue di gesso colorato, una di San Pietro e l’altra di San Paolo. Inoltre, il vescovo di Bobbio fece appendere sopra l’altare maggiore il dipinto della riproduzione della Madonna dell’Aiuto, già venerata nel più importante santuario di Bobbio, da qui anche la variazione della dedica alla chiesetta: da San Pietro a Santuario della Madonna dell’Aiuto. La passeggiata continua, noi sempre accodati al marciatore Bruno, passiamo per le strette vie della cittadina per trovarci improvvisamente in un grande piazza dove la luce contrasta con la penombra delle stradine appena percorse. Difficilmente avremmo pensato di essere sul sagrato di una grande chiesa, perché la costruzione che ci sta davanti, come ci rammenta la nostra guida, sembra l’ingresso di un teatro e nemmeno le statue dei profeti Daniele e Geremia e quelle dei martiri Protaso e Gervaso che decorano la facciata ce lo fanno credere, mentre il campanile, pur alto 52 metri , si nasconde dietro l’imponente struttura. Tutto cambia appena varcata la soglia del tempio, siamo in chiesa, l’ambiente sembra una preghiera, ci ispira al raccoglimento e allo stesso tempo ci stupisce per la bellezza e la maestosità del luogo sacro. Sorprendente il cupolone, 40 metri di altezza, chissà come può stare lassù a nasconderci il cielo e nello stesso tempo diffonderci quel senso di protezione. Tutt’intorno c’è un’ armonia tinta di rosa, quasi fosse un’aurora boreale, circondata da 42 colonne più quattro per sorreggere il coro. L’interno della chiesa nasconde notevoli capolavori ma quello che colpisce è la luce che filtra dai finestroni e illumina la bella e unica navata. Una luce che per l’ingegno dell’architetto Simone Cantoni (avo di Italo e Giuliano) in una certa ora del giorno passando per le finestre poste sulla facciata avvolgerà quasi accecante tutto il tempio. Continua il tragitto e da un ponte della Martesana il Bruno completa la storia dei ponti e del corso d’acqua mostrandoci il passaggio di legno che collega Palazzo Serbelloni a un edificio situato sull’altra sponda del naviglio. Nel tragitto che ci avvicina al parco Sola Cabiati, ci soffermiamo ad ammirare il dipinto di una delicata Madonna, il cui volto l’artista Balconi ha voluto assomigliasse o fosse quello della sua amata, parrebbe blasfemo ma forse il pittore intimamente pensò che ogni viso di donna, a volte per la sua dolcezza e per la sua bellezza, davvero può essere il volto della madre di Dio. Passiamo sotto l’arco che ci introduce al giardino Sola Cabiati, è una ventata di distensione che affievolisce la fatica della passeggiata di quasi due ore, Bruno ci mostra la rotonda, riserva di pesca alimentata dalla Martesana, il frigorifero di quel tempo con pesce fresco, punto ideale per raccontare la storia del formaggio gorgonzola. E’ probabile che sia stato il caso a tramutare lo stracchino in quest’ unico formaggio striato di verde, dotato di un odore strano. Era tempo d’autunno le mandrie bergamine pascolavano nei verdi prati di Gorgonzola, esse producevano molto latte che era lavorato due volte il giorno, si formava così una differenza di calore fra la prima cagliata e la seconda lasciando degli interstizi tra le due cagliate all’interno delle quali si accumulava il siero che ammuffendo produceva il prodigio. Molte leggende e storie si sono raccontante su questo formaggio genuino; una di queste racconta di un giovane casaro innamorato che era attratto più dalla sua amata che dal suo lavoro, tanto che in una notte di luna piena la sua passione fece andare a male lo stracchino trascurato e abbandonato. Una storia più concreta è quella del Vergani e del Giussani (avo del nostro Bruno) i quali si accorsero di quest’anomalia dello stracchino, non dettero peso alla crosta rossa o scura, ma non cogliendo immediatamente la bontà di questo nuovo formaggio lasciarono ad altri il merito di aver creato il profumato ritrovato. Entriamo soddisfatti della passeggiata arricchita dalla storia narrata dal nostro amico Bruno, nella sede della Pro Loco, una struttura funzionale, dove siamo accolti come ospiti speciali, all’interno i tavoli ben disposti presto profumeranno di risotto al gorgonzola, i palati saranno deliziati dal delicato stracotto accompagnato dalle invitanti patatine al forno, il valore dei cuochi e il servizio non hanno nulla da invidiare ai grandi alberghi di cinque stelle, molti hanno fatto il bis innaffiando il tutto con del buon vino, mentre il tiramisù è stata la chicca del pranzo. Non poteva mancare lo scambio dei gagliardetti tra la presidentessa della Pro Loco Donatella Lavelli e il nostro Presidente Massimo Santi, il momento ha suggellato un’amicizia al motto dei buontemponi: Vogliamoci bene! Grazie operatori della Pro Loco, ci avete fatto vivere una lieta giornata e nel girarci verso di voi per l’ultimo saluto abbiamo immaginato che l’acqua della Martesana, riprendendo il suo flussoe portasse con sé, oltre i colori del tramonto l’eco di questo meraviglioso evento trascinandolo verso il mare. Vogliamoci bene! Gianni Cuscito
     
05/02/2015   
gran bollito
il 12 febbraio 2015 alle ore 20, al ristorante Aurora in via Savona, 23 Milano GRAN BOLLITO. Vuoi conoscerci da vicino? Vieni e sarai accolto da buontempone, conoscerai la nostra storia e se pensi di essere un buontempone vero parteciperai in piena libertà alla nostra beneficenza silenziosa, si ma di ben 115 anni. Chiunque tu sia vogliamoci bene!
     
06/07/2010   
mercoledì 16 giugno 2010 incontro al Bel Sit Un saluto per le vacanze
Sono circa le 20,30 quando arriviamo in Piazza Miani, nonostante l’ora , è ancora giorno, per via che siamo vicini al solstizio d’estate dove le ore di luce rubano lo spazio alla notte. Piazza Miani è un punto nevralgico per il traffico di Milano, per questo la strada scorre lenta sotto le ruote delle automobili, però dopo aver svicolato dalla rotonda ed aver girato a destra, come per incanto, siamo improvvisamente soli in una strada che si perde, deserta, all’orizzonte. Abbiamo un po’ di difficoltà ad individuare l’Osteria “Al Bel Sit” la cui insegna è parte nascosta dalla vegetazione, ma subito dopo che un Buontempone ne scopre l’entrata. Ecco che il Walter ci viene incontro e con qualche battuta cabarettistica, fa accomodare ai tavoli preparati alcuni di noi, altri sistemano le macchine nel gran parcheggio adiacente e altri ancora aspettano quelli che non sono arrivati; dopo pochi minuti il gruppo è completo. Saremo in trentaquattro ad occupare i tavoli della saletta illuminata dalla luce diffusa, piacevole e rilassante, di fianco i tamburi e la pianola preludono all’intrattenimento musicale, ancora più in dietro, una bella vetrata contornata di fiori mette in vetrina il bel giardino che sfuma lentamente i colori, abbandonato dalla luce sempre più fioca del sole al tramonto, peccato sia ancora freddo per approfittare della sua tranquilla accoglienza. S’inizia con un brindisi, ci piacerebbe sentire anche l’inno dei Buontemponi, il cd inciso lo abbiamo, quanto prima riprenderemo questo bel modo di iniziare i nostri incontri, lo potremo fare anche sui pullman , vedremo come ma ci piacerà davvero. Rapide le portate si susseguono, le cameriere sono svelte e simpatiche, paiono dei nostri, quello che servono è buono? Pare proprio di si, c’è un silenzio, poi man mano che l’appetito si placa si cominciano a sentire le voci e bisogna alzarne il timbro perché dal pensiero arrivino alle orecchie, c’è tanta voglia di parlare, è molto che non c’incontriamo ed ognuno ha qualcosa da dire agli altri, è tanto il desiderio di comunicare che vorremmo la musica un po’ più bassa ma poiché anch’essa fa parte della nostra sera dopo un attimo si sentono i primi applausi. Entriamo nell’atmosfera e ci fa piacere sentire le musiche del Maestro D’Anzi e quella Tintarella di Luna che ci ricorda il Maestro De Filippi anch’egli è stato nostro socio, quando il Walter lo annuncia al microfono scoppia un fragoroso applauso e non sono solo i Buontemponi ad esprimere questa gioia. La serata corre via veloce e mi paiono tutti contenti , la chicca la offre Adriano Celentano con le sue canzoni, con il suo il suo cabaret, a volte un po’ spinto ma simpatico, riesce ad intrattenere la sala per quasi tre quarti d’ora , al termine della rappresentazione anche se tutti noi sapevamo che non era il Celentano vero c’è piaciuto pensare di vedere l’Adriano tornato giovane ed immaginare che sarebbe diventato un giorno il meraviglioso artista qual è. Alla fine della serata la sorpresa, ad opera di Dona Ana, moglie di Massimo: cinquantacinque candeline, tutte azzurre, su una buonissima torta, da spegnere con un fiato solo, l’operazione, naturalmente, riesce al nostro Presidente come gli era riuscita ieri per i festeggiamenti in famiglia. Però qui, quando si riaccende la luce: l’orchestrina intona “tanti auguri a te” e tutti i Buontemponi fanno festa cantandola in coro, per poi come in un gioco di prestigio far sparire la torta. Ciao! Buontemponi arrivederci a dopo le vacanze che siano rigeneratrici e molto liete da trascorrere al motto di vogliamoci bene! Gianni Cuscito
     
12/05/2010   
17 aprile 2010 Castello di Torrechiara generazioni a confronto
Dalle rive del fiume Parma, a chiunque capitasse di costeggiarlo non poteva sfuggire la sagoma dell’imponente Castello, incastonato come un gioiello sulla gobba della collina che dolce degrada verso il gran torrente. La sagoma di Torrechiara, trasformata da Rocca, in difesa degli ulivi e dei torchi, a castello residenziale da Pier Maria Rossi, in onore della sua amata Bianca Pellegrini, non sfuggi, probabilmente nemmeno ai conducenti dei carri, ai cavalieri in armi e a tutto il seguito della bellissima futura castellana. Anche noi Buontemponi, arrivando in pullman dalla strada proveniente da Parma in località Pilastro, lo abbiamo scorto, prima le sue quattro torri merlate, poi le mura possenti e appena di lato l’antico borgo adiacente ancora lì come se fosse stato costruito ieri nonostante i suoi oltre cinquecento anni. Beh! Noi non abbiamo fatto un’entrata trionfale come probabilmente successe alla coppia d’amanti, avvistati in lontananza dalle sentinelle, non squilli di tromba, paggi e stallieri prodigati in inchini verso dame e cavalieri e di mille attenzioni per i destrieri, noi non visti e lasciati dal pullman nella piazzetta parcheggio, l’ultima erta l’abbiamo fatta con la sferza dell’acqua in faccia per la pioggerellina insistente che bagnava quel paesaggio di solito ridente, però quel poco di disappunto, per non essere stati accompagnati dal nostro torpedone e sfumato in un attimo perché non solo eravamo in pieno medioevo ma anche avvolti dall’aroma del caffè che una sorridente donna di un moderno bar, ben celato nell’antica costruzione, distribuiva a tutti in bianche tazzine, rasserenando mente e cuori. Una ripida rampa, superata un tempo per la spinta dei quarti delle zampe posteriori dei cavalli ansanti, ultimo sforzo, per loro, verso le scuderie e per i cavalieri piegati in avanti per non essere sbalzati di sella verso le sale dell’accogliente dimora, passa per il rivelino, fortificazione indipendente a protezione dell’entrata del castello. Anche noi Buontemponi, con altro incedere, attenti a non scivolare sul selciato sassoso reso viscido dalla pioggia, ci affacciamo al cortile, conservato così come lo videro Pier Maria Rossi e la sua amata Bianca, incantano i portici, le colonne, gli archi, il piccolo pozzo, il pavimento in cotto chiaro e il resto dell’intorno, l’immobilità del tempo c’invita ad entrare: a pian terreno ci sono le scuderie, la Cappella di San Diomede, la sala di Giove, la sala del Pergolato, la sala delle Vittorie e accanto le cucine il salone degli Stemmi, tutti questi vani denominati a giorno, servivano a dame e cavalieri per l’ascolto della musica, per il ricamo o per la lettura, da una ripida scala si accede ai piani superiori, quelli nobili che scandirono il tempo della vita del castello, la sala Aurora, la sala Meriggio, la sala Vespero, la sala dei Giocolieri e la camera d’Oro. Torrechiara un castello nato dalla spinta dell’amore che Pier Maria Rossi nutriva per Bianca Pellegrini, fu un amore puro o un amore trasgressivo? Non importa il castello divenne una meraviglia, gli affreschi in particolare quelli della Camera d’Oro, occupata al tempo dagli amanti, sono un inno all’amore, un inno che accompagnò la vita dei due giovani sino all’ultima dimora situata anch’essa nel castello: la Cappella di San Diomede. Oggi non c’è traccia delle spoglie di Bianca e Pier Maria ma sembra che il loro respiro, sotto forma di note musicali, delle più belle arie della musica lirica italiana, diffuse in sottofondo, ci accompagni di stanza in stanza a rivisitare il castello, offrendoci la mostra dedicata alla divina Renata Tebaldi, diva d’altra generazione e del bel canto; ogni costume esposto nelle sale è un’emozione, persino i grandi bauli verdi si fondono nel mistero di un’arte che coinvolse anche gli uomini d’oltreoceano. Architettura, musica, pittura ed ogni altro oggetto di pregio rivivono qui l’eco di un amore che ci permette oggi di rivivere quei momenti. La visita è finita, la porticina d’uscita si apre accanto alla teca stipata di meravigliosi gioielli di scena, degni di una regina, per rimanere poi il pensiero sospeso tra il bagliore delle pietre preziose e la luce del giorno che si riflette sul selciato del cortile bagnato di pioggia. Una rapida discesa sferzata di pioggia e di vento, il torpedone che sale verso Vidiana , e il castello appeso alla collina, sono le ultime immagini prima di occupare posto lungo il tavolo dell’agriturismo Cardinali, non ci parrà tale, ci sembrerà di continuare il viaggio in quell’era lontana, ci attorniano scalchi, coppieri e servitori, prodighi d’abbondanti portate di una terra emiliana molto generosa, si rincorrono salumi, tortelli, risotti, un prosciutto al profumo di legna, il guancialino, le patate e i champignon , il vino rosso generoso il bianco della casa, i dolci casalinghi, i digestivi d’erbe dolci e profumati, tra i buontemponi divenuti dame a cavalieri corre l’allegria alimentata dalle rime di messer Franco, del principe Massimo a declamar le doti degli altri cavalieri, il Guido, il Giorgio, l’Italo, il Giuliano, il Roberto, il Piero ed ancora il Franco, il Piero, il Sante, tutti gratificati dal dolce sorriso femminile. Al termine del pranzo un applauso fragoroso al cuoco e via via ritornando alla nostra civiltà, strade veloci ci portano in dieci minuti, la dove al tempo dei cavalli ci sarebbero volute ore, Il grande pullman si ferma davanti a Villa Mamiano, allo scendere i Buontemponi odono il paupulio del pavone , non un canto ma un richiamo disperato d’amore.Dietro il cancello d’entrata eccolo il meraviglioso pavone bianco con la grande coda a ventaglio che fa vela al vento, non so, ma molti bianco, un pavone non l’avevano mai visto, la sua bellezza delicata non può che lasciarci stupiti, cosi come ci stupirà la grande villa, macchia artistica in un parco secolare, per continuare l’incanto basta superarne la porta d’ingresso: in piena luce ci appare la profondità dell’atrio, lo scalone e la ringhiera bianca che mettono in risalto la grande coppa di malachite, color verde smeraldo, posta al centro del salone, lei da sola varrebbe il nostro giorno, poco importa che appartenga a Thomire e dono dello Zar Alessandro I° a Napoleone, ricordiamola stupenda e unica opera d’arte, messa a disposizione di tutti, con altri capolavori da Luigi Magnani che nel 1977 istituisce: la Fondazione Magnani Rocca in onore del padre Giuseppe e della madre, donna Eugenia Rocca. Luigi Magnani una vita spesa per l’amore dell’arte, una raccolta inestimabile di generazioni di dipinti che ha voluto donarci, forse, per dare continuità alle sue emozioni che ha asperso nelle sale di questo fantastico museo. L’emozione è di casa qui, un tuffo nel passato è l’incanto del momento, basta tacere ed osservare per apprezzare il genio dell’uomo riflesso nelle sculture di Canova e di Bertolini, tele di Gentile da Fabriano, Filippo Lippi, Tiziano, Rubens, Van Dyck e Goya, sfumando ai contemporanei Monet, Renoir, Cèzanne, de Chirico, de Pisis, Burri e Morandi, uomini a confronto nel tempo, uomini alla ricerca di se stessi e del sublime. La giornata non era delle più belle, anzi piovviginosa e grigia però è come se ci fosse stato il sole, infatti seduti sulle panchine di fronte alla villa i visi dei Buontemponi erano luminosi, nel momento del riposo, appagati dalle tante meraviglie passate davanti ai loro occhi, tutte da ricordare, alle quali improvvisamente se n’è aggiunta un’altra : eccolo di nuovo, davanti a loro, il pavone, questo non più bianco ma vestito di mille colori, maestoso e stupendo, si muove a piccoli passi, mostrando tutta la sua bellezza girando di retro la ruota variopinta a chi lo vuole fotografare, pare lì per la sua vanità ed invece è la sua danza d’amore, rivolta alle pavoncelle che appartate più in là sembrano indifferenti al richiamo che presto popolerà il grande parco di piccoli pavoni. Adagiata la testa sul cuscino dello schienale del pullman diretto verso il ritorno, il pensiero è corso ai passi da gigante che l’uomo ha fatto in tante generazioni, con l’apporto di chi l’ha preceduto ha rivoluzionato il sistema di vita, molte cose non erano nemmeno immaginabili al tempo di Bianca e Pier Maria Rossi , altre cambieranno ancora, ma la meravigliosa e complessa semplicità della natura sarebbe ancor oggi riconosciuta dai magnifici castellani di Torrechiara, inoltre è bello considerare che i sentimenti dell’amore, dell’amicizia, della solidarietà e dello stare insieme, hanno resistito all’usura del tempo, valori abbracciati totalmente dai Buontemponi, in visita a Torrechiara , per star bene insieme e per rivivere nel dormiveglia del pur breve viaggio sensazioni irripetibili vissute al motto di Vogliamoci Bene! Gianni Cuscito
     
07/04/2010   
domenica delle Palme 28 marzo 2010
Con una bellissima ed insperata giornata di sole è cominciato l’incontro della domenica delle Palme, i partecipanti non si sono nemmeno accorti del disagio causato dal cambio dell’ora solare in quella legale. Varese è ad un tiro di schioppo da Milano e quando arriviamo a destino, il sorriso di Padre Calloni ci accoglie, mentre a noi pare di non essere nemmeno partiti, siamo in anticipo sulla tabella di marcia, la cosa disturberebbe ma ci sentiamo a casa o per lo meno così ci fa sentire Fra Francesco, lasciandoci spazio e libertà. Qualche minuto dopo ci disperdiamo, dopo aver visitato il convento nel parco secolare adiacente la chiesa, ci si divide in gruppi per godere del sole ed apprezzare i fiori di campo che vestono il prato di primavera, alcuni li conosciamo, come i non ti scordar di me e le gialle giunchiglie, altri vorrebbero la presenza di un botanico, essendo l’uomo curioso per natura, ognuno nota qualcosa di diverso, ad esempio le galline, un tetto in rovina, un cedro del Libano e quella altissima antenna radio che irradia le voci nello spazio, sembrava una stonatura invece è l’ingegno dell’uomo, più in là un gruppo di ragazzi e ragazze seduti in cerchio, li avremmo imitati volentieri anche noi ma è rimasto un nostro desiderio frenato. All’interno della spaziosa chiesa ci stupiamo un po’ di vedere dietro l’altare Padre Calloni che celebra Messa, ma sì, è proprio lui, il nostro padre spirituale che richiama la vita e il sacrificio di Gesù, mentre noi contenti di partecipare alla S. Messa della comunità locale, ci ricordiamo delle persone care e di Padre Geminiano. Terminata la Santa Messa abbiamo appreso che purtroppo l’Adriana Mazza si e distorta un piede appoggiandolo male su un gradino, tutti premurosi intorno a lei e pur non essendo medici ognuno ha dato un consiglio, fortunatamente abbiamo trovato l’antico rimedio, il ghiaccio. Bendata la caviglia di Adriana siamo entrati nel refettorio degli ospiti , abbiamo occupato posto ai lati della lunga tavola, circa 60 persone, in fondo un gruppo di giovani promessi sposi, all’inizio noi buontemponi , abbiamo fatto festa insieme soddisfacendo le reciproche curiosità, in convento non manca nulla, prima di tutto una grande partecipazione e poi l’ottima cucina, antipasto, primi, secondi e frutta, il tutto rapidamente servito da due gentili signore che oltre ai piatti hanno distribuito un bellissimo e cordiale sorriso. Che dire delle belle uova colorate che la Presidentessa Gabriella ha donato alle buontemponi presenti. Poco dopo nel locale adibito a bar Padre Francesco ha fatto gli straordinari per offrire un ottimo caffè a tutti. L’Adriana non ce la fatta a rimanere con noi e ci ha salutato per ritornare a casa, perdendo così il pezzo forte della giornata infatti, poco dopo Padre Calloni ci ha introdotti nell’arte dei suoi dipinti, due tele di ugual grandezza, una l’ultima cena lo ha impegnato 4 anni, l’altra la lavanda dei piedi circa 1 anno e mezzo, due meravigliosi dipinti in tema con la Pasqua che tramandano due meravigliosi atti significativi della vita di Gesù , uno un esempio di umiltà, l’altro un dono che solo Lui poteva offrire: il suo corpo e il suo sangue in memoria di Sè. Padre Calloni ha reso il senso della continuità della parola attraverso i personaggi di ieri e di oggi, ha dato un significato alla loro posizione, alle loro vesti e al loro atteggiamento e li ha avvolti nei contrasti di luce, dando l’idea dell’espressione d’amore che coinvolge il pittore che cerca la purezza dell’anima nella fede e nell’arte. Che l’arte sia l’espressione dell’anima e un dono dell’intelletto lo scopriamo poco dopo nel piccolo teatro del convento dove il coro”J Amis” ci intrattengono con voci , batteria e fisarmonica, alcuni pezzi mettono allegria, alcuni nostalgia altri ricordano l’Italia nel mondo, tra i brani più famosi ci sono: O mia bela Madonina, O sole mio, Pellegrin che vien da Roma, Il Signore delle cime, Va pensiero ed in tema con la Pasqua Quando sonen i campan. Quando riparte il pullman ci accorgiamo che il tempo è volato all’insegna di come amano i buontemponi, una parte per la preghiera, una parte per il buon cibo e per l’allegria, una parte per il buon ricordo dentro il quale c’è anche Padre Geminiano un posto rimane per un ringraziamento a Padre Calloni che ci ha aiutati a partecipare anche con un dono, al suo saluto,un grazie esteso a tutti i Buontemponi che tengono vivo questo sodalizio unico. Il viaggio è breve ma mentre il nastro d’argento dell’autostrada si snoda verso Milano inondato dal riflesso del sole, dentro di noi si fa posto il desiderio di abbracciare gli assenti e augurare a loro: “Buona Pasqua” Vogliamoci bene! Gianni Cuscito
     
04/05/2009   
sbuffi di fumo 25 aprile 2009
Oggi anno 2009, se pensi ad uno sbuffo di fumo immagini la pipa del nonno oppure puoi pensare ai segnali degli indiani d’America, mezzo per comunicare a lunghe distanze. Nel 1800 gli spostamenti erano lenti o del tutto assenti. In quegli anni Il mondo sembrava più grande e per molti uomini era sconosciuto, essi vivevano la loro vita in spazi contenuti perché le distanze di un giorno dipendevano dalla velocità di un cavallo poi qualcuno scopri il vapore e quindi nacquero le strade ferrate con il loro caratteristico odore di creosoto, composto chimico derivato dalla distillazione del catrame di carbone, spalmato sulle traversine di legno per difenderle dai parassiti. Questo profumo accompagnò per anni l’uomo nuovo, trasformato dall’evento del treno che all’inizio era solo a vapore, esso non era solo un mezzo di trasporto ma anche una fonte di speranza che ad alcuni uomini cambiò il destino. Il merito di farci vedere uno sbuffo di fumo, in un modo diverso, lo ha il gruppo F.T.I Ferrovie Turistiche Italiane associazione di volontariato, diverso perché un gruppo di volontari hanno riportato alla luce il valore storico del treno a vapore, rifacendo vivere agli italiani e ai cittadini del mondo emozioni di un tempo antico in chiave moderna. Oggi 25 aprile nella stazione ferroviaria di Lambrate in Milano ben duecentocinquanta passeggeri turisti sono saliti dalle scale che portano al terzo binario e appena sbucati sul marciapiede di partenza si sono trovati di fronte il gran drago nero sbuffante, pulsante e avvolto nell’odore di zolfo . La ritmica frustata metallica del soffiante si ripete ad intervalli regolari, il vapore sfoga la sua energia, scandisce i secondi e sembra un palpito di vita. La locomotiva pare un destriero trattenuto dal suo cavaliere, pronto alla corsa sfrenata verso un indefinito punto lontano, froge dilatate e sbuffanti. Rapidi i viaggiatori guidati dai volontari occupano il loro posto sui vagoni. Poi quando lo sbuffo bianco del fischio annuncia la partenza, il cavaliere allenta le redini. Il cavallo di ferro raccoglie le forze, getta nuvole dense di fumo nero verso il cielo, nel fragore violento, più rapido e più forte diventa lo sbuffo per l’affanno, finché la locomotiva vince l’attrito delle ruote sul ferro, il suo cuore metallico rallenta e il paesaggio passa sfumato lasciando indietro le cose mentre il fumo rischiara confondendosi con le nuvole del cielo. Il drago nero come una chioccia trascina i vagoni e nel senso di pace s’ode lo schiamazzo dei bimbi. Teresa, Alessando e Federico, tre fra i tanti, corrono verso una storia che ci parla di un’organizzazione diversa ma volta allo stesso fine rimpicciolire il mondo. Il Capotreno ci parla del correntale, documenti ed incassi della giornata che erano custoditi come un tesoro in una piccola cassaforte, lui era per il suo treno come un capitano sulla propria nave. Il viaggio scivola tranquillo, la gente s’informa sulle toilette, molto spartane, sul sistema frenante, ben distribuito, forse ci vorrebbe un’aula con filmati e diapositive per soddisfare la curiosità e la sete del sapere, i professori ci sono perché tutti i volontari sono ben preparati e potrebbero tenere il piccolo corso. Non abbiamo quasi il tempo per ammirare il paesaggio e goderci il viaggio che siamo già a Capriolo dove rimarremo nella storia perché saliremo al Castello appartenuto ai Lantieri, X secolo la loro tomba e stata scoperta per caso in seguito ad una perdita d’acqua, è stata portata alla luce dagli scavi. Suor Maria ci parla della Chiesa Santa Maria degli Angeli di un crocefisso antico appartenuto alle suore Cappuccine della Comunità religiosa del Colle. Nel pomeriggio ci si ritrova nel luogo di partenza per il ritorno, il treno non c’è ma arriverà subito dopo, apparirà la in fondo al limitare di un’ampia curva come un puntino nero, com’effetto doppler del suono s’ingrandisce e si mostra in tutta la sua potenza, eccola la locomotiva a vapore che transita in quella galleria fatta di piante, il fumo nero nasconde il cielo e prima dello stridore di freni lo sbuffo bianco dell’acuto fischio saluta il gruppo in attesa del drago nero. E’ stata una giornata diversa passata su un convoglio antico della ferrovia che conserva il suo patrimonio storico per l’impegno di Trenitalia e di alcuni volontari, che si sentono per un giorno operatori e ferrovieri turistici.Volontari ammirevoli per l’amore che hanno verso l’affascinate mezzo di trasporto: “Il treno a vapore” il cui specchio oggi è stato il fiume Oglio testimone di un secolo di fatiche e sacrifici spesi per aprire le vie del mondo cavalcando un mezzo ingegnoso, frutto dell’intelligenza dell’uomo e gli sbuffi di fumo che ci accompagnano nel ritorno sono il segnale di un mondo vissuto che rimane e se al termine del viaggio mani e viso si sono un po’ anneriti, poco importa, perché guardando gli occhi dei passeggeri ci si accorge che brillano di gioia.Vogliamoci bene! Gianni Cuscito
     
23/04/2009   
domenica delle Palme 5 aprile 2009
Sono trascorsi oltre duemila anni da quando un Uomo in groppa ad un asinello fece il suo ingresso in Gerusalemme, la gente festosa lo accolse sventolando foglie di palma, chiamandolo Messia, in un saluto di pace che ancor oggi, pur sapendolo, noi nemmeno potremmo immaginare un passaggio così violento dalla gioia al dolore che per Sua volontà concluse la Sua vita terrena in cima al Golgota inchiodato ad una Croce, solo, fra due ladroni. Dopo oltre duemila anni la palma, sostituita dall’ulivo in zone geografiche dov’essa non cresce o la sua presenza è marginale, è rimasta simbolo di pace, di regalità d’acclamazione, di trionfo e anche di buon auspicio. La Domenica delle Palme, l’ulivo o le foglie di palma benedette diventano per molti una reliquia da custodire in casa, in sostituzione di quelle dell’anno precedente. Quest’anno i Buontemponi, in gran numero, si sono recati a Caravaggio, in molti saremmo voluti entrare nel grande Santuario della Madonna della Fonte ma le celebrazioni pasquali lo hanno sconsigliato, per non disturbare i fedeli, è così che abbiamo fatto la conoscenza del Maestro Pellegri, uomo dotato di conoscenza e passione, egli ha catturato l’attenzione di tutti mostrandoci l’interno della chiesa di San Bernardino i suoi dipinti, come se li dipingesse lui in quel momento. ci ha svelato particolari, frutto d’anni di studio e di ricerca; con quanto entusiasmo ci ha mostrato una data ben celata scoperta da poco, e per caso, alla quale si può far risalire l’origine del dipinto. Con sorpresa continua di là di un piccolo corridoio un’altra chiesa, all’epoca destinata ai monaci, sia per il culto sia come sepolcro. La chiesa dei fedeli è bella ma quest’ultima è stupenda, bellissimo l’altare alle cui spalle si apre un chiostro magistralmente dipinto dai fratelli Galliari (scenografi della Scala di Milano), un miraggio degno di quelli che la natura si diverte a proiettare nel deserto, forse se il maestro non ce lo avesse svelato nessuno di noi si sarebbe mai accorto che la bianca parete di fondo accoglieva quella meravigliosa prospettiva dipinta.Ritornando sui nostri passi, nella prima chiesa, il maestro ci ha fatto notare altri dipinti, altri particolari: un piccolo cane, un gioppino bergamasco,la figura di un magnate inseriti nel ciclo della passione. Tra i particolari lo scempio che alcuni innamorati hanno fatto su dipinti secolari graffiandoli con date e cuori per perpetuare un amore, sovrastando l’ispirazione e il genio creatore di queste rare bellezze. L’asino dalle orecchie parallele, che noi non abbiamo nemmeno a Milano a detta del maestro Pellegri, ci ricorda che lo spazio disponibile può essere limitato ed è solo con uno stratagemma che il pittore è riuscito a vincerlo. Non molto lontano dalla chiesa di San Bernardino incontriamo la Madonna della Scopa nel suo piccolo Santuario, in quel di Osio Sotto o Sopra, entrando nella sua casa, nella penombra la notiamo bellissima con il suo bel vestito scarlatto, ricamato di fili d’oro, il suo sorriso nasconde la bellezza della corona che le cinge il capo, appena più sotto un illuminato viso: Padre Geminiano ci aspettava perché noi trovassimo insieme con lui la nostra palma . Padre Mauro ci ha riportato alla passione di Gesù, parte del vangelo letta con tutto il cuore da Omarini e Franco Altamura. Dopo il solito pranzo e la distribuzione delle uova colorate ci siamo trovati in pieno sole nel cimiterino di quella campagna che vide la giovinezza di Padre Geminiano, ora il nostro padre spirituale riposa vicino alla chiesetta che certamente lo avrà visto in ginocchio, raccolto in preghiera molte volte. Sulla lapide la stessa fotografia vista al Santuario, lo stesso sorriso e la sua bella barba bianca ci hanno coinvolto in un abbraccio spirituale, poi, uno ad uno dopo averlo salutato, ci siamo diretti verso casa e se lo sguardo si fosse rivolto al cielo certamente, immaginando per un attimo il gioco dell’osservazione delle nubi fatto chissà quante volte da bambini, l’avremmo vista quella combinazione di nuvole bianche: “Grazie Buontemponi e Buona Pasqua”. Vogliamoci bene! Gianni Cuscito
     
18/11/2008   
aspettando Padre Geminiano
La Cripta era già gremita dai vuoti di chi ci ha lasciato, si presentava nuda anche se le sedie ben allineate erano in attesa dei partecipanti alla S. Messa, in un secondo momento l’Altare è stato vestito dai bei candelabri d’oro, dal leggio dalle ampolle, dal crocefisso cambiando la sua natura da semplice banco a forrma sacra , non eravamo più soli perché nel frattempo erano entrati i Buontemponi ma per quanto ci fossero quasi tutti alcune sedie erano rimaste vuote. All’ingresso di Padre Agostino il silenzio sembrava più grave per la mancanza della nostra guida spirituale. Padre Geminiano, con la sua barba bianca non c’era, aveva promesso un discorso per essere vicino, per consolare chi afflitto dalla perdita di una persona cara aveva subito il grande dolore nell’arco dell’anno ma non c’era. La domanda sarebbe esplosa dov’è? Ma Padre Agostino ci ha rattristati tutti dicendo: Padre Geminiano è in ospedale per alcuni esami, vi saluta tutti e ha delegato me per stare con voi, celebrerò la Santa Messa per Lui Padre Geminiano non c’era ma ci ha donato ugualmente la sua presenza, infatti ci ha inviato la sua omelia che trascriviamo di seguito fedelmente: ……SAPEVO della gerarchia di amore. Eros: ti amo perché mi piaci: Philia: ti amo perché mi ami: Agape: ti amo perché sono amore. Per essere quello che sono. …….SAPEVO DELLE tre tappe DELL’AMORE: Nasce dalla MENTE; si sviluppa nel CUORE; si realizza nella VITA. CONOSCEVO LA FRASE DELLA Santa Cappuccina Veronica Giuliani.: IL PATIRE E L’AMORE SONO LA STESSA COSA. Non si può penare senza amore; non si può amare senza penare. I patimenti sono segno dell’amore.” Ma dove la mia conoscenza diventa più esperienza è NELLA Società dei Buontemponi: Domenica 21 Settembre fui invitato da Achille Dozzi a benedire le nozze d’oro di matrimonio. Ai frati dicevo: vado a scuola d’amore. E capivano. Lo stesso sentimento provai SEI giorni prima telefonando alla Signora Vismara, dopo il funerale di Giuseppe:. Tutti sentivano quanto amore legava il Signor Giuseppe alla Signora Rosanna. Era commovente vedere come la guardava: con ammirazione, tenerezza, devozione. 58 anni di matrimonio 58 anni di scuola d’amore E’ morto improvvisamente. Era un po’ malandato: come può essere un uomo di 88 anni. Diventava sempre più affettuoso. Diceva alla moglie” fammi un bacino….stammi vicino. Soni innamorato di te più di quando ero fidanzato.” Ai figli ripeteva spesso “ Ricordatevi che questa fortuna che potete godere l’ho costruita con la vostra mamma. Non avrei potuto fare quello che ho fatto senza di lei: La sua pazienza nell’aspettarmi. (non avevo orari) La sua solidarietà nelle difficoltà. Il suo amore che colmava tutte le attese. La stessa risposta di Amato nella intervista di Cammino: Richiesto del segreto del suo successo, rispose: I segreti sono diversi. Uno è MIA MOGLIE. Alla morte di Santi scrissi che Non si può parlare di Dio senza parlare d’amore, non si può parlare di amore senza pensare a Diva ed Amato. Ma sto con gioia scoprendo che i Santi hanno fatto scuola. Accanto alla loro storia di amore potremo aggiungere quella dei DENTI, dei LORENZI, dei VISMARA, dei RINALDI. Con stupore e con gioia so che nella nostra Società, si, vivono e sono vissute storie analoghe. Ormai si è radicata in me la persuasione che i Buontemponi sono una scuola d’amore. Quanto durerà la nostra Società? Non mi pongo la domanda. Ma è bello pensare che per oltre un secolo un piccolo raggio di luce ha illuminato il buio della terra e l’ha resa meno fredda, perché non c’è amore sprecato, perché al termine della vita rimane l’aver amato e l’aver sofferto per amore. Forse è per questo che la nostra Società è viva ancora dopo 110 anni. “la carità non avrà mai fine (1° Cor. 13,8) I limiti canori dell’età rendono sempre più difficile cantare il nostro INNO, ma l’amore non è una parola che si canta, bensì una esperienza che si vive e si soffre con gioia Vogliamoci bene! Padre Geminiano Grazie Padre Geminiano di averci donato l’inno all’amore: penseremo alle tue parole e da esse capiremo perché Brioschi, Santi e Rinaldi sono stati iscritti al Famedio, Tempio della gloria. Essi valevano in una società che vale e che del suo amore ha fatto inno e bandiera. Davvero:Vogliamoci bene!
     
27/10/2008   
18 ottobre 2008, gita a Custoza
Da lontano, sulla sommità della collina lo vedi il Mausoleo Sacrario, alto 40 metri, la sua massa grigia pare dividere i quattro punti cardinali del cielo, quando ci arrivi vicino l’istinto è di salire lassù per vedere quello che c’è intorno, la scala è irta e presto la sommità è raggiunta, la porta di ferro apre alla balaustra circolare ed è da questo centro che si può vedere l’intera piana, inondata dal sole che mette in risalto l’argento degli ulivi e i filari delle vigne, lavoro dell’uomo che va a perdita d’occhio, in un punto della torre c’è una bacheca, dentro un piccolo museo d’armi e oggetti di sopravvivenza bellica, se li osservi con occhio critico e li confronti con le armi moderne non potresti nemmeno immaginare il male che possono aver fatto, sono solo ferri vecchi legati alla storia d’Italia. Il senso di distensione e di pace che ti pervade lassù muore improvvisamente, si trasforma in incredulità, sgomento, stupore ed incomprensione non appena varchi la porta del sotterraneo, la Cripta, di mattoni rossi, ci mostra nella luce uniforme e soffusa la crudezza della morte, su sei scaffali circolari che ricoprono il perimetro interno ed esterno del corridoio ci sono ben allineati un numero indicibile di teschi, tutti uguali, mostrano le fila dei denti rimasti più incastonati nella mandibola che nella parte superiore, tutti sani a testimoniare della giovinezza rapita alla vita, L’incavo degli occhi con quello del naso assumono un aspetto tetro mentre alcuni di loro colpiti da schegge del fuoco nemico lasciano il posto al passaggio dell’aria che par si sia fatta più pesante e opprime il petto di chi osserva, le cataste d’ossa perfettamente squadrate come mura mostrano i loro mattoni di femori di oltre duemila caduti, il pensiero corre alla pianura dove il sole troneggia illuminando quella terra che vide l’attimo fuggente dell’ardore giovanile piegare le ginocchia per essere stato colpito da quei ferri vecchi raccolti in museo, mai avremmo pensato potessero fare tanto male gratuito e senza nessun perché. La storia affermerà che furono eroi che s’immolarono per un grande ideale l’Unità d’Italia . Il Mausoleo fu eretto in loro onore e anche per i caduti austriaci. Non appena usciti dalla grande tomba si apre agli occhi del visitatore un’altra luce, l’inizio di un nuovo giorno di pace lambito, qualche chilometro più in la, dallo scorrere del Mincio sotto il ponte Romano che si trascina le ombre della sera impigliate nella realtà storica di guerra e pace lasciando a te di cercare le risposte ai perché. Diverso il mondo di pace vissuto in armonia per un giorno dai Buontemponi, una visita alla riseria presso l’azienda Agricola Melotti Giuseppe, scopriamo oltre al carnaroli il riso nano e tutte le tecniche di lavorazione e di conservazione, un’industria agricola meccanizzata che ha strappato ai campi la fatica delle mondine per riuscire a portare sulle nostre tavole il frutto della terra allagata, trasformato in dolci, farine, biscotti e altri prodotti ancora, eppur in questo paradiso ci par di sentir quell’appetitoso profumo di fumante risotto, delizia del palato e rigeneratore del sistema nervoso. Il ristorante Villa Vento, tempio della lirica, tutt’intorno alle pareti fotografie a abiti di scena del tenore Giuseppe Lugo, ci offre un pranzo che ci fa sentire proprio Buontemponi, il luccio in salsa con polenta, i cannelloni, i tortellini al burro e salvia tinti dalla luminosità del locale aprono il cuore alla serenità, all’ottimismo e all’armonia. Di vini ne abbiamo sentito parlare ma con tanta dovizia e passione mai perché il Pettenazzi Attilio nel mostrarci il lavoro della cantina di Custoza ha invogliato tutti a fargli una domanda per capire quale sia il vino migliore . La risposta ci è giunta tra botti e barriques, mentre, storditi dal profumo dei mosti in fermentazione ci è parso di capire che il vino più buono e quello che più ci piace, purché sia fatto d’uva, con la passione e la cultura presente nella produzione della Cantina di Custoza, cooperativa che trasforma il lavoro delle vigne in quell’attimo fuggente che solo un buon bicchier di vino inebriando riesce a farti cogliere, cosi come noi Buontemponi abbiamo colto quell’attimo sfuggito ad un giorno passato in fretta, concluso con il volo del ritorno che pur fatto su un pullman ci ha sbarcato, contenti la sera, presso le nostre case. Vogliamoci bene! Gianni Cuscito
     
30/06/2008   
concerto di mezza estate
La prima nota musicale della mia bella Madonina, ci ricorda quanti personaggi con il coer in man hanno aderito e partecipato alla nostra associazione, ad esempio, uno per tutti. Il Maestro Giovannino Danzi che con un motivetto semplice semplice ha costretto il mondo che passa nella gran piazza adiacente il Duomo di Milano a volgere il naso all’insù, verso di Lei Madre di tutte le Madri che irradia la sua luce dorata come una cappa protettiva sulla grande Metropoli Protetto deve essere il circolo Alessandro Volta, fondato nel 1882 e ancora oggi centro attivissimo, sede d’incontri, scambi culturali e sano divertimento, protetti i Buontemponi nati nel 1898, ispirato Franco Altamura che con passione, determinazione, professionalità e competenza musicale ha allestito il concerto di Mezza Estate creando l’evento Raccontare del concerto di mezza estate non è facile perché la musica è il momento e le sensazioni mutano a seconda della predisposizione dell’animo, le note ti prendono per mano per condurti in quella fascia misteriosa che sta tra il pensiero e la realtà nell’irrazionalità del sentimento. La bellissima sala delle feste, dagli splendidi lampadari, attorniata dai drappi dorati delle tende offre un’acustica perfetta e dal palco gli artisti ed il presentatore erano raggianti, non c’era un posto vuoto, proprio un bel colpo d’occhio. La scena è stata tenuta da Vincenzo Puma, tenore, - l’ armonia nel canto, Irina Capanadze, soprano, - limpida e coinvolgente voce, Lee Yonh Hee, tenore leggero, - la purezza della nota nello strumento umano, Leonardo Marzagalia, pianista, - il tocco sublime, quanto avremmo perso se non avessero inventato il piano, Luciano Pavan, violinista,- virtuoso del suono e Franco Altamura, presentatore. – ha catturato l’attenzione della sala. Il concerto: O mia bela madonina. un canto d’amore per Milano e la preghiera a Lei che ci domina dalla guglia più alta, “ Voglio viver così” spensieratezza di gioventù il viso alto verso il cielo accarezzato dal sole e nel cuore la gioia del canto. A seguire oltre cent’anni di storia del melodramma italiano Cilea, Puccini,Verdi e Donizetti, ogni nota un’emozione, una caratteristica dei personaggi espressa in musica e la voce umana che interpreta emozioni, situazioni, affetto e amore offre a chi l’ascolta una sensazione nuova, sempre diversa, nessun dorma perché domani all’alba ci sarà la rivincita della volontà che contrastando le mille difficoltà apre con la vittoria la nuova strada da percorrere insieme e con serenità. Musica pura il piano del maestro Marzagalia, Le Premier, Night in Varaderov espressione dell’animo umano,.Il suono del violino di Pavan soffonde la sala con la deliziosa Abanera (Carmen) e con la vitalità delle musiche russe. Rossini interpretato magistralmente da Lee Yong Hee “ecco ridente il cielo” Capanadze deliziosamente ci offre un aspetto femminile “Aria di Rosina”e Puma intonando “tu che mi hai preso il cuor” canta una verità che tutti conoscono e quel metti anche tu la veste bianca non è che un sigillo del desiderio d’amore, Leoncavallo - Mattinata. Il sentimento, l’amore e l’affetto sono eterni ed appartengono a tutte le generazioni, l’amore e l’affetto per la madre sta tutto nella canzone Mamma; solo per te la mia canzone vola e oggi la testa tua bianca voglio stringere al cuor. Amapola ,bellissimo fiore, nella canzone è una donna, è un lamento d’amore: come puoi vivere così sola? Il soldato innamorato ricorda la sua donna hoi vita hoi vita mia sei stato il primo amore, il primo e l’ultimo sarai per me . Torna a Sorriento, Inno napoletano che offre tutta la nostalgia di un luogo unico al mondo: guarda il mare quant’è bello e tu parti e dici addio, t’allontani da questo cuore dalla terra dell’amore Emozioni sentite dagli emigranti che andavano oltre mare, in una terra sconosciuta a cercar fortuna lasciando. Amici, genitori, luoghi cari e quella promessa all’amata che sarà la forza per sopravvivere nel nuovo mondo, immaginando ancora le strade di casa, i momenti dolci dell’amore, la carezza della madre e i spensierati trascorsi con gli amici. Vogliamoci bene! Gianni Cuscito Un caro saluto dal Presidente Massimo dal consiglio con l’augurio ai Buontemponi di una gioiosa estate Arriverderi a settembre E vogliamoci bene!
     
08/05/2008   
Venaria un pezzo di storia italiana
Venaria un pezzo di storia italiana Intorno ai secoli 500 e 600 nasce la dinastia sabauda, un capitolo della storia italiana, tanto importante che se non ci fosse stato oggi non potremmo parlare di Venaria e men che mai della popolazione italiana così come la storia l’ha delineata con i suoi pregi e con i suoi difetti. Venaria grazie al contributo europeo pare 300 milioni di euro è diventato un centro turistico visitato da circa un milione di persone all’anno, tra questo milione si sono mescolati anche i Buontemponi che con alcuni Skal hanno avuto l’opportunità di visitare la reggia con le sue gallerie, ex citroneries , più semplicemente serre, i giardini, la chiesa di Sant’Uberto. All’interno di Venaria tra i tanti quadri e i tanti tesori si è inserito il mondo moderno dell’elettronica, per mezzo d’essa si sono fatti rivivere personaggi e situazioni che sembrano attuali ed invece occupano uno spazio temporale di molte generazioni. Una reggia costruita con più scuole di pensiero, così asimmetrica ed eterogenea da sembrare distaccata e diversa, a seconda dell’impegno degli architetti: Castellamonte, Garove, Juvarra e Alfieri. Il solo comune denominatore pare la caccia, dal tempio di Diana sono state tolte otto colonne che fanno splendida mostra nella chiesa Di Sant’Uberto. Visitando la Reggia si avverte il Sacro: la devozione per Maria Madre di Dio, il culto di San Maurizio, - famosa è la spada con la quale i Savoia ordinavano i loro cavalieri-, il profano: la caccia i divertimenti , si nota anche il senso della sovranità derivato dall’attenta politica ,dalle alleanze, dalle vittorie riportate in battaglie famose, dai trattati di pace e dalla realizzazione di grandi opere. Una sovranità dalla quale sorsero il regno e le sue sopravissute opere degne di essere chiamate patrimonio dell’umanità – UNESCO. Venaria non solo reggia ma anche borgo che suggeva la propria linfa di vita dalle attività legate ai Reali, divenne la Versailles del Piemonte, tra le sue attività si distinguevano la produzione della seta e un artigianato di gran valore artistico, arazzi, argenti, porcellane, mobili ed ogni cosa che poteva servire al palazzo. Il borgo dopo un relativo letargo oggi ha ripreso a vivere per soddisfare le esigenze dei turisti che oltre ad apprezzare la buona cucina piemontese dei ristoranti, sorti lì accanto, fa razzia di libri e di ogni cosa che possa ricordare loro l’incontro con la storia italiana e sabauda. La visita si apre con tale processione di gente che bisogna fare la fila prima e dopo le varie gallerie. Le antiche sale sarebbero spoglie se non fosse per il miracolo dell’elettronica che fa rivivere i personaggi come se ancora fossero presenti fra noi e se gli spazi non fossero colmati da arazzi, da statue, da armature esposte nelle teche, in ottimo stato, da quadri reperiti da altre residenze sabaude o prestati da famosi musei. La guida spiega con entusiasmo i vari momenti storici, le guerre, i matrimoni i fasti, l’estensione del regno, d’ogni personaggio traccia le caratteristiche salienti e quando ci parla delle donne riesce a comunicarci, di alcune d’esse: il fascino e l’acutezza della loro intelligenza che a volte fu condivisa e a volte sovrastò i loro sposi. La sala di Diana apre a quadri inneggianti ai vari tipi di caccia, alcuni restaurati perfettamente altri appena accennati, consumati dal tempo dentro uno d’essi par di sentire: i latrati dei cani, la paura del cervo, il tumulto del suo cuore, di vedere l’improvviso scatto, un salto oltre la siepe, plastico slancio, zampe anteriori e posteriori tese, bella e regale la corona di corna sopra il nobile capo, le nari dilatate che colgono l’odore della paura, lo sparo, il silenzio, il fremito della morte, l’iride dell’animale si popola di innumerevoli trasparenti cerbiatti proiettati a raggiera verso il cielo, l’infinito rifugio dell’impossibile fuga, poi sollevando una nuvola di polvere ricade raggomitolato al suolo, morbido e palpitante vestito del suo lucido pelo, più tardi l’irrigidimento della morte lo troverà appeso alla pertica che i portatori usavano per trasferire le prede alla reggia, per la festa della sera e per i racconti di caccia, mentre Diana la dea, appartata, sta a guardare e forse nemmeno lei sa del mistero della morte. Otto colonne abbelliscono la chiesa di Sant’Uberto, arazzi abbelliscono le spoglie pareti, quadri raccontano la storia dei reali, mobiletti pregiati e statue riempiono i vuoti dei vari angoli di una reggia ai cui fasti si sostituì un gran deposito d’armi e di attrezzi agricoli che per un lungo periodo cancellarono il suo fasto, la sua storia e la sua collocazione nel patrimonio dell’umanità. Oggi la reggia è quasi del tutto recuperata grazie ai fondi d’Europa, grazie ai visitatori tra i quali siamo inseriti anche noi Buontemponi. Vogliamoci bene Gianni Cuscito
     
19/03/2008   
Una rondine non fa primavera
La mattina del 16 marzo intorno alle ore nove non c’era una rondine in cielo, anzi le nuvole erano basse e scure, l’aria era umida e una leggera pioggia batteva il selciato, proprio una tipica giornata autunnale eppure il portico man mano che arrivavano alla spicciolata i Buontemponi sembrava riempirsi di luce, un chiacchiericcio crescente, baci, abbracci, sorrisi sempre più aperti, guardandoli mi sembrava di rivedere quelle sere d’estate passate a scrutare il cielo per seguire il volo delle rondini, radunate attorno al campanile, pareva sentirsi il garrito, vedere il tuffarsi a volo radente di questi animaletti in frac, petto bianco e abito scuro, e il proiettarsi lassù come fossero fuochi artificiali scomposti nel carosello simile ad una coreografia di una danza, non c’era una rondine in cielo ma i sorrisi dicevano è già primavera. Il torpedone bianco guidato magistralmente dall’autista Mario in meno di un’ora ci sbarca davanti al convento dei Cappuccini. Ci accoglie il nostro padre spirituale, come un condottiero padre Geminiano con l’umiltà e la personalità che solo chi è abituato ad obbedire sa dare, ci mette a nostro agio, c’introduce nel parco verde dove stona quella grand’antenna che qualcuno chiamerà aliena, un corpo estraneo alla primavera. Padre Giovanni ci conduce a visitare gli studi della radio, la sala insonorizzata per le registrazioni, gli strumenti per la divulgazione delle onde, tutto qui, no, non è così quando ci parla dell’organizzazione, dei costi per trasmettere, delle frequenze basse, di quelle alte, più difficili, si capisce subito quale impegno ricada su di lui, sui tecnici di trasmissione e sui volontari che collaborano al funzionamento della stazione radio, forse Marconi non pensava che quel colpo di fucile che verificava la validità delle sue ricerche avrebbe avuto tal eco. I ripetitori piazzati come mostri nei punti strategici irradiano la voce, risultato di un lavoro meticoloso ed attento, una voce che copre i silenzi, colma le solitudini aiuta gli insonni nella libertà di ascoltare. Si arriva al ristorante Le Fontanelle, all’esterno alcune vasche ospitano bellissimi pesci e la luce ci fa scoprire due meravigliosi storioni. La Santa Messa riporta il sole della primavera Padre Geminiano ce la fa proprio godere questa Funzione, coinvolge Massimo, Franco, Piero e se stesso nella lettura del Vangelo, cosi triste e pieno d’amore. Il pranzo è stato degno di questo nome e la pergamena rilasciata ai titolari del ristorante è ben meritata mentre i Buontemponi hanno apprezzato quell’inaspettata stretta di mano, un ringraziamento sincero che noi estendiamo a chi non ha potuto essere qui con noi, così come a loro è estesa la festa delle uova multicolorate offerte dalla presidentessa Gabriella. La giornata si è volta decisamente al bello e i Buontemponi dopo aver lasciato padre Geminiano al convento hanno raggiunto il museo di villa Mirabello dove le doviziose spiegazioni della guida ci hanno riportato realtà di vita romana e lacustre, mentre i colibrì imbalsamati e la collezione d’innumerevoli e colorate farfalle ci hanno riportato antiche primavere. La dolce guida ci ha condotto in cima al colle da dove, quando è sereno, si può vedere un panorama stupendo e Campo dei Fiori, purtroppo pur essendoci il sole i monti erano avvolti da una coltre di nubi e la fantasia ha dovuto fare il resto ma quel cedro del libano che si arrampicava verso il cielo era una realtà stimata in circa seicento primavere e allora più leggeri giù per il declivio accompagnati da qualche goccia di pioggia e dagli ultimi raggi di sole verso l’arco d’uscita della villa che chiude all’emozione e apre alla realtà. Breve viaggio verso Milano lasciando alle spalle nuvole nere verso un cielo azzurro che pian piano si oscurava ricordandoci che il sacrificio di Gesù narrato nel Vangelo ha portato agli uomini una nuova primavera. Scesi dal pullman non c’erano le rondini a garrire nel cielo ma il ciao, il nostro abbraccio e il nostro vogliamoci bene resterà sospeso nell’aria come inizio di una nuova primavera. Vogliamoci Bene! Gianni Cuscito
     
26/02/2008   
incontro con l'altro stadio
Giovedì 21 aprile c.a un gruppo di buontemponi si è recato a far visita allo Stadio Meazza di Milano, non il solito stadio gremito di gente vociante e variopinta, in attesa della partita ma quello conosciuto a pochi, ovvero, il silenzio, il vuoto, il prato verde e deserto, illuminato sì, ma irreale. Lo stadio per una volta lo abbiamo vestito noi, con la presenza di 94 Buontemponi, lions,amici bimbi. genitori e nonni. All'arrivo siamo stati accolti dallo Staff di San Siro e condotti a visitare gli spogliatoi, non li immaginevamo così spartani e predisposti all'essenza dell'utilità, poi abbiamo visitato gli spalti, non avremmo mai pensato fossero così grandi, la presenza della gente li rimpicciolisce, siamo anche stati condotti al Museo, ci sarebbe da studiare un bel po' per l'evoluzione che hanno avuto le scarpine da gioco, i palloni e le magliette, in più quante fotografie, forse scattate quando qualcuno potrebbe dire: c'ero anch'io, le coppe, i gagliardetti, tutto da ricordare, oltre allo schiamazzo dei bimbi lo stupore degli adulti e l'ospitalità che ci è stata offerta: Un salto al San Siro Store per comprare un ricordo e poi a cena, in una delle grandi sale dove solitamente s'incontrano gli addetti ai lavori, oggi idelmente noi Buontemponi ci siamo uniti a loro e forse è davvero così perché il Dottor Barletta consigliere del Consorzio SanSiro 2000 e direttore del Meazza ci ha intrattenuto con la storia dello stadio, Il tempo è volato via, come se avessimo assistito ad una partita ma non ci sono ne vinti nè vincitori o almeno ha vinto lo stadio Meazza, tempio dello sport, Vogliamoci bene!
     
09/02/2008   
Nuovo Sito Web
Finalmente abbiamo inaugurato il nuovo sito web. Dedicato ai buontemponi
     
 
Società dei Buontemponi - Milano (MI)
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